mercoledì 24 aprile 2019

KATSUYA TERADA REAL SIZE


Talvolta originalità ed ecletticità possono essere uno svantaggio. Alla fine, a imporsi presso il pubblico internazionale sono gli artisti dal disegno un po' “leccato” e dalle storie per tutti (soprattutto per ragazzi), piuttosto che narratori controcorrente dal tratto vigoroso e personale. Se, poi, gli artisti in questione amano anche passare da un media all'altro, ponendo la propria fantasia e la propria matita al servizio dei manga come degli anime, dei videogiochi come degli illustration book, delle cover di libri come dei poster per magazine, allora l'impresa si fa ancora più ardua. Per questo, un fantasista come Katsuya Terada è noto, ma non famosissimo, in Giappone e quasi sconosciuto in Occidente. Nato il 7 dicembre 1963 a Tamano City, nella prefettura di Okayama, si è trasferito a Tokyo a soli 18 anni, per frequentare l'Asagaya College of Art & Design. Dopodiché, a partire da metà anni Ottanta, ha cominciato a partorire un numero impressionante di immagini per gli scopi più disparati. L'abbondanza della sua produzione è venuta alla luce col volume Zenbu (“Tutto”), dedicatogli nel 1999 dalla casa editrice Kodansha. L'elegante libro, contenuto in una custodia di cartone, raccoglie circa 300 illustrazioni dell'autore, a colori e in bianco e nero: copertine di riviste, immagini per romanzi e videogame, studi di personaggi, poster. Si va dal character design per videogame alle illustrazione per le cover dei romanzi di Joe R. Lansdale, mentre i temi oscillano dalla fantasy classica alla fantascienza, dall'horror all'erotico. L'iperrealismo del tratto spesso si stempera nell'ironia delle situazioni, cosa che avviene frequentemente nelle immagini a sfondo sessuale, in cui prevale il tema classico delle lolite. Molte delle sue ragazze, poi, sono giovani, giocose, simpaticamente ammiccanti, ma sempre esplosivamente sexy. In molte illustrazioni è evidente l'ammirazione per disegnatori come Moebius, Bilal, Liberatore, ma il risultato finale è del tutto personale e nipponico.
Terada si è cimentato anche coi manga, pere esempio con Saiyukiden Daienou, edito nel 1998 dalla Shueisha. Si tratta dell'ennessima interpretazione della storia cinese dello Scimmiotto (la stessa di Dragonball, per intenderci), ma trattata da un punto di vista estremamente personale, innovativo e ricco di provocazioni (lo Scimmiotto cerca Budda per ucciderlo), grazie alle forti dosi di violenza e agli spunti sadomaso, ai colori forti e incisivi, alle diverse tecniche pittoriche utilizzate.
I manga in bianco e nero arrivano invece con le storie del ciclo Rakuda ga warau (“Il cammello che ride”), raccolte nel 2003 dalla casa editrice Wanimagazine sul quarto numero della rivista/libro WaniPix. Storie hard boiled che ricordano il primo Metal Hurlant, con un bianco e nero di chiara matrice europea che bandisce completamente i retini per belle pennellate e abili tratteggi. Il protagonista, spesso immerso in bagni di sesso e violenza, è uno yakuza omosessuale che ama le donne (!).
Un'altra prova delle formidabile spinta creativa di Terada è data da un altro volume di immagini, Terada Katsuya Rakugaking, edito nel 2002 dalla casa editrice Aspect. Questo parallelepipedo di carta è formato da mille pagine, contenenti ognuna almeno un disegno, anzi un rakuga, uno scarabocchio, uno schizzo, un disegno non utilizzato, un'illustrazione rimasta in un cassetto. Migliaia di immagini si susseguono quindi senza testo, spesso fortamente influenzate da Moebius, ma in alcuni disegni sembra emergere Munoz, mentre in altri schizzi pare addirittura di intravedere la ligne claire. Ma, infine, a prevalere è sempre lui, Katsuya Terada, il Rakugaking, col suo disegno ricchissimo di tratti, i suoi personaggi folli, le sue donne carnose, i demoni spaventosi. E così Katsuya Terada si conferma come uno degli artisti più prepotentemente visionari dell'attuale panorama nipponico, in grado di padroneggiare sia il colore che il bianco e nero, dotato di una forza interiore, violenta e irrefrenabile, che si ciba di tutto ciò che ha intorno per trasformarlo in nuovi immagini, nuovi sogni, nuovi incubi.
In Giappone è appena uscito un nuovo volume di illustrazioni dal titolo Katsuya Terada Real Side, ennesima dimostrazione del suo straordinario talento artistico. Il libro raccoglie solo le immagini realizzate da Terada nel corso di eventi durante i quali disegna in diretta. Che si tratti piccole immagini su un block notes o di enormi visioni disegnate direttamente su pareti, l’artista gli dà forma senza alcuno schizzo preparatorio, senza una bozza, un layout, quasi uscissero magicamente dalla testa e prendessero forma autonomamente. Immagini futuristiche, oniriche, affascinanti e inquietanti al medesimo tempo, nelle quali volti di bellissime fanciulle si fondono con corpi tentacolari, strumenti tecnologici, carne e metallo. Figure che non sembrano avere un principio e una fine, sufficienti a sé stesse, pronte a librarsi nel vuoto, come in assenza di gravità. Profeta di un futuro dove organico e inorganico non sono poi così distinti, Terada insiste nel rendere reale, o perlomeno credibile, l’irreale. “Visionario” continua a essere l’aggettivo più adatto per il suo lavoro. Il Real Size del titolo si riferisce al fatto che i disegni vengono proposti nel loro formato reale. Quando questo non è possibile (alcuni sono alti un paio di metri) vengono proposti per intero in scala 1:16 e “spezzati” in dettagli in scala 1:1.
In Italia il volume può essere acquistato da fioridiciliegioadriana@gmail.com.






martedì 23 aprile 2019

NON È TUTTO ORO…



Lo confesso, ho le mie colpe. Oltre 25 anni fa, quando ho cominciato a occuparmi professionalmente di Giappone (selezionando manga per l’Italia, scrivendo articoli e libri sul fumetto e sul Giappone, ecc.) ho contribuito alla diffusione della cultura pop giapponese nel nostro Paese, e alla visione affascinante dello stesso che col tempo si è imposta nel nostro immaginario. Non rinnego nulla e, ancora oggi, per il me il Giappone resta un’inesauribile fonte di meraviglie, soprattutto iconografiche. Tuttavia, non ho mai nascosto che non è tutto oro quello che luccica e che il Giappone, come ogni altra nazione al mondo, ha le sue zone grigie. Tanto per fare qualche esempio, una società troppo rigida, la scarsa considerazione del mondo animale (vedi caccia alle balene), una gestione eticamente debole della giustizia (come un utilizzo discutibile della pena di morte), ecc. ecc. Per questo provo un certo fastidio di fronte a quei libri che oggi lo dipingono come una sorta di eden, il luogo ideale dove tutto è perfetto. Si tratta di una visione superficiale, favolistica e commerciale di una società e di una cultura ben più complesse e non prive di elementi negativi. Per questo ho molto apprezzato il volume della collana Passenger dedicato al Giappone. Una raccolta di brevi saggi – interessanti, scorrevoli, ben scritti – che non teme di inoltrarsi in quelle zone grigie che i più preferiscono ignorare. Così Jake Adelstein ci racconta di una setta scintoista che vorrebbe riportare il Giappone ai tempi gloriosi del passato, con un esercito in grado di oltrepassare i propri confini e le donne relegate al loro ruolo di madri e casalinghe. Léna Mauger, invece, svela il fenomeno degli evaporati, i giapponesi che svaniscono letteralmente, lasciando la famiglia e facendo perdere ogni traccia di sé perché hanno perso il lavoro, sono pieni di debiti, si considerano un peso per gli altri (che in effetti fanno poco per ritrovarli). Splendido l’intervento di Brian Phillips, “Vivere da giapponesi”, che parte dal Sumo per comprendere meglio la società e intraprende un viaggio (anche nel tempo) che lo porta al suicidio dello scrittore Yukio Mishima e alle sue velleità di scuotere il Giappone con un parodistico e fallimentare colpo di stato. Insomma, una pletora di spunti, di informazioni, di approfondimenti, che tesse una fitta ragnatela certamente incompleta ma sicuramente più vasta e articolata di quanto fatto da molti altri volumi. Una nota positiva anche per la grafica, pulita, piacevole e ricca di fotografie. Se siete veramente interessati a conoscere il Giappone, e non solo le sue rappresentazioni folcloristiche e stravaganti, questo volume fa per voi.



LA SCHEDA
Titolo: Giappone
Collana: The Passenger
Editore: Iperborea
numero pagine: 192
Prezzo: 19,50 euro

lunedì 22 aprile 2019

TANIGUCHI IN EDICOLA


Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport hanno annunciato (prima uscita 27 aprile) una collana di volumi interamente dedicati al mangaka Jiro Taniguchi (1947 - 2017), autore che per la prima volta approda nelle nostre edicole dopo circa due decenni di presenza nelle librerie.
Ho incontrato per la prima volta Jiro Taniguchi nel 1996, se non sbaglio era novembre, nel corso del mio primo viaggio a Tokyo.
All'epoca, in Italia, nessuno sapeva niente di questo autore, anche se un suo volume (o meglio metà di esso) era già stato pubblicato, ma era passato del tutto inosservato. Si trattava di Hotel Harbour View. Io stesso non avevo un quadro completo delle sue opere e non era stato Hotel Harbour View a colpirmi, bensì un manga molto più "semplice" e intimista, dal titolo Aruko Hito ("L'uomo che cammina"), trovato presso lo stand della Kodansha a una Fiera del Libro di Bologna. Potete immaginare la perplessità della casa editrice Kodansha di fronte a una mia richiesta (all'epoca giornalista assolutamente sconosciuto a qualsiasi editore nipponico) di intervistare Taniguchi. Evidentemente la curiosità e la passione che mi avevano spinto fino a quel lontano Paese (accompagnate da una certa sfrontatezza) devono aver colpito gli affabili redattori del settimanale Morning, che in pochi giorni organizzarono un incontro con l'autore. In una rumorosa caffetteria di Tokyo mi ritrovai quindi faccia a faccia con questo signore di cinquant'anni (era nato il 14 agosto 1947), di piccola statura, con un bel paio di baffi e dei capelli insolitamente lunghi per un giapponese. Ricordo ancora che mi fece l'impressione di un tranquillo signore inglese. Taniguchi inconsapevolmente mi fece un gran regalo, estrasse da una grande cartella che aveva con sé due enormi tavole ancora a matita: erano le prime pagine (con una spettacolare veduta di Tokyo dall'alto) della storia che stava disegnando su testi di Moebius: Icar. Io ero la prima persona al mondo a vedere quelle tavole, che non erano ancora state visionate nemmeno da Moebius e dalla redazione di Morning. Un primo incontro fruttuosissimo in cui tra l'altro Taniguchi confermò la sua passione per alcuni autori europei, «mi piacciono i fumetti di Attilio Micheluzzi, amo il disegno di Vittorio Giardino, conosco i lavori di Silvio Cadelo…», affermò col suo consueto fare tranquillo.
Di acqua ne è passata sotto i ponti e oggi, per quanto poco noto al grande pubblico, Taniguchi è molto apprezzato dagli appassionati di fumetti, anche italiani, dopo, inutile nasconderlo, una forte difficoltà iniziale incontrata per farlo apprezzare e pubblicare dagli editori nostrani. Ricordo la sua felicità quando un suo volume, proprio L’uomo che cammina, venne inserito nella collana di fumetti edita come allegato da La Repubblica (la prima collana di questo genere, che ha aperto la strada a tutte le altre). Lui, unico autore giapponese, si trovava in mezzo ai più grandi artisti di tutto il mondo. Ecco, mi spiace solo questo, che non possa vedere questa collana a lui interamente dedicata, dimostrazione che quel precedente con La Repubblica non fu solo un caso e che rientra a pieno merito tra quei grandi che tanto stimava. Ciao, Jiro, ci vediamo nei tuoi fumetti.