giovedì 26 dicembre 2019

UN GIALLISTA GIAPPONESE


Edogawa Rampo (1894-1965), apprezzatissimo dai propri connazionali, è considerato l'iniziatore del mistery in Giappone. Il suo vero nome è Hirai Taro, ed è un grande ammiratore di Edgar Allan Poe, da cui trae il suo pseudonimo, che non è altro che la trasposizione fonetica del nome dello scrittore inglese. Rampo è il primo giapponese a cimentarsi con la moderna detective story, evitando di “copiare” opere occidentali.
Gli anni Venti sono considerati l’età dell’oro del giallo giapponese, ed è proprio in quel periodo che viene fondata la rivista Shinseinen (1920-1950), dedicata al poliziesco, all’horror, ai romanzi d’avventura. È sulle sue pagine che viene pubblicato a puntate il romanzo Nisen dōka (La moneta da due sen) di Edogawa Ranpō, considerato il primo giallo indigeno.
Il romanzo più famoso di Rampo, però, è La belva nell’ombra, vede la luce nel 1928, e tra le sue pagine risalta la passione dell’autore per le detective story occidentali, ma anche per i racconti macabri, grazie a una trama gialla che si mescola con atmosfere da brivido. Una donna in pericolo, perseguitata dalle minacce di un autore di libri polizieschi chiede l'aiuto di un altro scrittore per trarsi in salvo. Rampo realizza un romanzo scorrevole in cui scoprire chi è l'assassino e qual è il suo movente diventa una sfida anche per il lettore, coinvolto dai ragionamenti deduttivi del detective/scrittore.

domenica 27 ottobre 2019

NELL'ANTICO GIAPPONE

 

Meglio non fidarsi del grottesco kappa, verde esserino dal corpo simile a quello di una rana, poiché assai propenso agli scherzi, inclusi quelli pericolosi o di cattivo gusto. Ma bisogna prestare attenzione anche all'affascinante tengu, alla bellissima yukionna, e all'ingannevole e ambiguo konakijiji. Di fronte ai terribili oni, poi, la soluzione migliore è fuggire a gambe levate. Questi esseri in Giappone sono noti come ayakashi o mononoke, ma soprattutto come yokai. Yokai può essere tradotto come “mistero inquietante”, si tratta di creature differenti dagli esseri umani e dagli animali, sorta di via di mezzo tra questi due mondi, dall’aspetto e dai comportamenti bizzarri.
In Occidente, in mancanza di un corrispettivo, la parola yokai viene spesso tradotta come "mostro" o "fantasma", tuttavia queste fantastiche creature vantano una natura assai differente da quella dei mostri europei. Inoltre, per quanto mostruosi, gli yokai sono talmente radicati nella cultura popolare da diventare talvolta persino simpatici, sorta di “pupazzetti” protagonisti di racconti di ogni tipo, inclusi manga e anime, i fumetti e i cartoni animati giapponesi. La loro origine, comunque, resta abbastanza spaventosa, come la maggior parte dei racconti che li vede protagonisti.
L’italiana Elisa Menini ha scelto di fare proprio quell’universo fantastico di storie e personaggi suggestivi e di raccontarli tramite immagini, sotto forma di fumetti insomma. Nel farlo ha scelto anche di abbracciare l’immaginario grafico del Giappone, pur reinterpretandolo in una chiave moderna e personale. Basta uno sguardo alla prima tavola della prima storia della raccolta Nippon Floklore per rimanere incantati di fronte alla forza evocativa del suo disegno, immersi in un paesaggio dai colori che sanno di antico e carico di elementi iconografici che immediatamente rimandano al Giappone tradizionale, bucolico, feudale, iconico. Il monte Fuji, il sole, la vegetazione, forme stilizzate eppure ricchissime graficamente e narrativamente. Elisa sposa l’immaginario grafico delle stampe ukiyo-e. Con questo nome, che letteralmente significa “immagini del mondo fluttuante”, si definisce una particolare tecnica xilografica basata sulla riproduzione di un’immagine su apposite tavolette di legno di ciliegio; queste ultime venivano incise dall’artista in modo da lasciare in rilievo solo le parti che compongono l’immagine finale, per realizzare la quale sono necessarie tante tavole quanti sono i colori da impiegarsi nella stampa. Le stampe ukiyo-e nascono nel diciassettesimo secolo, ma all’epoca sono monocromatiche o colorate a mano, mentre un centinaio di anni dopo, grazie al perfezionamento delle tecniche xilografiche, divengono policromatiche. Artisti come Hokusai e Hiroshige, famosissimi in Giappone sono ancora oggi fonti di ispirazione per i mangaka (gli autori di fumetti) e ormai popolari anche in occidente. La nostra fumettista ovviamente non utilizza le antiche tecniche della xilografia, ma punta a risultati simili, quantomeno altrettanto evocativi. E anche le pose dei personaggi, con le gambe incrociate, gli occhi sgranati, gli atteggiamenti esasperati sono in qualche modo figlie di una scuola grafica lontana nel tempo e nello spazio. I principali protagonisti, come dicevamo, sono yokai, creature fantastiche, animali dotati di parola e speciali caratteristiche, come un gatto a due code, una volpe in grado di trasformarsi, un granchio vendicativo. Non mancano però i personaggi umani, come il contadino pigro ma furbo, l’ubriacone avventato e via dicendo. Popolani che incrociano le proprie strade con quelle delle creature fantastiche, alle prese con un mondo naturale affascinante ma al tempo stesso pericoloso. A volte le storie contengono una morale, come potrebbe essere nelle fiabe dei fratelli Grimm o in quella della saggezza contadina, ma nella maggior parte dei casi si limitano, se questo è limitarsi, a stupire e divertire. Elisa Menini punta molto sull’aspetto grafico, le sue tavole di grande formato contengono poche vignette, talvolta solo una, per dare ampio respiro a curate composizioni dove il dettaglio riceve la medesima attenzione dell’insieme, in cui ogni elemento è perfetto in sé e armonioso nel complesso. Se proprio vogliamo trovare un difetto a un lavoro tanto curato è il non essersi spinti oltre anche nell’uso dei termini: gli orchi in Giappone si chiamano Oni e le polpette di riso in realtà sono onigiri. Valutando l’edizione del volume, non si può che elogiarne le grandi dimensioni, la qualità di carta e stampa e la bella grafica, ma allo stesso tempo non si può fare a meno di notare la mancanza di una introduzione che spieghi le connessioni con l’arte giapponese e di una biografia dell’autrice. Ai tempi di internet gli editori spesso demandano ai lettori il compito di trovare tali informazioni in rete, ma se i primi mettono tanta cura in un’edizione cartacea, e i secondi dimostrano di apprezzare la tangibilità dell’opera, perché privarla di una delle sue componenti? In ogni caso, Nippon Folklore resta un volume splendido, da leggere come un fumetto e da ammirare come una raccolta di stampe ukiyo-e. 


LA SCHEDA
Elisa Menini (testi e disegni)
Nippon Folklore leggende e miti dal Sol Levante
Oblomov
pp. 128, euro 20,00

martedì 3 settembre 2019

SPLENDIDI SFONDI


Per quanto avvezzi all’abilità degli illustratori giapponesi quando si tratta di dare forma agli scenari degli anime, non si può evitare di rimanere incantati di fronte alla forza evocativa degli sfondi di Children of the Sea. Nata nel 2007 come manga di Daisuke Igarashi, questa serie dai risvolti naturalistici nel 2019 ha dato vita a un film in animazione. È proprio per quel lungometraggio che sono state realizzate centinaia di immagini ora raccolte nel volume Children of the Sea Artbook. Decine e decine di illustrazioni di ambienti, case, strade, fondali marini, che appiaono più vividi e comunicativi di fotografie, sicuramente più melanconiche e suggestive. Pare quasi di trovarsi a camminare tra vie periferiche di Tokyo, con i suoi edifici in legno e i fiori e le piante che spuntano da ogni angolo. Oppure di sentire la brezza salmastra del mare che ci accarezza il viso. Un caleidoscopio di immagini in grado di trasportarci in altri luoghi.


domenica 25 agosto 2019

DAITO'S ART BOOK


Non sono un amante delle armi (il contrario), ma mi incuriosisce questo volume che accosta malinconiche adolescenti in divisa scolastica a pistole e fucili moderni e dettagliati, così come a graziosi animaletti. L'effetto finale è un po' straniante, ma la tecnica risulta ineccepibile. L'autore è Daito, specialista in questo strano sottogenere delle "ragazze pesentamente armate" che vanta diversi artista e appassionati in Giappone. Una sorta di perdita dell'innocenza con risvolti spiazzanti, in grado di mettere a disagio chi guarda pur attirandone lo sguardo.
 




mercoledì 19 giugno 2019

UN CANE DI NOME BLANCA


Dato che è attualmente in distribuzione in edicola il volume che contiene tutta la serie, allego sotto l'introduzione che scrissi per la prima edizione italiana del manga Blanca di Jiro Taniguchi. Buona lettura,

Pare che i cani discendano dai lupi, ma sono ormai passati millenni da quando vagavano liberi nelle foreste. Da tempo immemore diventati mansueti, sono gli animali da compagnia per antonomasia, tanto da meritarsi la definizione di “migliori amici dell’uomo”.
Mentre scrivo queste righe Bill sonnecchia sdraiato dietro la mia sedia, su una coperta, vicino al caminetto acceso. Al piano di sopra, Napoleone preferisce il divano, indifferente ai suoni provenienti dal televisore. Sono, ovviamente, i miei due cani. Spesso li osservo. Guardandoli fissi cerco di cogliere nei loro occhi qualche bagliore della fierezza e della furia dei loro avi, ma in quelle sfere acquose non traspare nulla del genere. Tranquilli e un po’ annoiati si gustano i piccoli piaceri della vita: un buon sonno, il tepore della casa, l’attesa della cena. Tuttavia, convivo con dei cani da abbastanza tempo per non lasciarmi ingannare: quello che vedo è solo uno dei molteplici aspetti della loro natura. Portati nei boschi sono in grado di correre a perdifiato per delle ore, d’inverno possono resistere a temperature polari semplicemente arrotolandosi su se stessi, di fronte al pericolo sfoderano una dentatura temibile e uno sguardo che non promette nulla di buono. L’antico retaggio del lupo cova ancora dentro di loro, come la fiamma nella brace, pronto a riemergere nel momento della necessità e del pericolo.
La letteratura avventurosa ha saputo ben raccontare questa doppia anima del cane. Jack London, in particolare, l’ha dipinta a parole in romanzi immortali come “Zanna Bianca” e “Il Richiamo della foresta”. C’è molto di Buck, protagonista di “Il richiamo della foresta”, in Blanca. Entrambi si ritrovano sbalzati in un mondo nuovo e ostile, entrambi affrontano distese gelide e selvagge, in grado di resistere ai rigori del tempo e alla furia della natura, pronti a combattere gli esseri umani ma anche a difenderli a rischio della propria vita, quando li identificano come amici piuttosto che avversari. Anche questo fa parte della loro natura.
Jiro Taniguchi conosce bene i cani. Ha vissuto con loro e ha raccontato il profondo legame che si crea tra uomo e animale in quel piccolo capolavoro che è “Allevare un cane”. Ma, a suo stesso dire, tra i tantissimi manga realizzati in autonomia (senza uno sceneggiatore, cioè) è proprio “Blanca” la sua opera preferita. Forse perché dalle sue pagine la doppia anima canina, domestica e selvaggia al contempo, emerge appieno. Basta osservare un primo piano di Blanca, gettare uno sguardo fugace ai suoi occhi, per comprenderne il pensiero. Dolore, riconoscenza, fierezza, rabbia, ferocia sono tasselli di un complesso puzzle caratteriale che poco ha da invidiare a quello umano. Animale domestico suo malgrado restituito alla vita selvaggia, Blanca è capace di inaudita violenza come di struggenti gesti d’affetto. Al di là del suo straordinario addestramento, è un cane, semplicemente e meravigliosamente un cane. Non sarebbe giusto chiedergli nulla di più, attribuirgli nulla di meno. Vi lascio quindi alla lettura delle sue avventure, introducendole con le parole di Jack London: “Quella non era una vita oziosa, baciata dal sole, senza niente da fare se non passare il tempo e annoiarsi. Qui non c’era pace o riposo, né un attimo di respiro. Tutto era confusione e azione, e in ogni momento si rischiava la vita. Era assolutamente necessario stare sempre all’erta, perché quei cani e quegli uomini non erano cani e uomini di città. Erano dei selvaggi che non conoscevano altra legge che quella del bastone e della zanna."

PS
Gli appassionati di fumetti e gli amanti delle citazioni potranno divertirsi a rintracciare in questo volume di Blanca un paio di vignette nelle quali Jiro Taniguchi omaggia Vittorio Giardino. Il sensei giapponese, infatti, non ha mai fatto mistero dell’ammirazione nutrita nei confronti del noto artista italiano.

mercoledì 5 giugno 2019

SE I GATTI SCOMPARISSERO…


Non ho ancora avuto modo di leggere il romanzo (che è stato annunciato da Einaudi), ma ho avuto il piacere di visionare il film che ne è stato tratto e che sembra parecchio fedele allo scritto. Una pellicola semplice e scorrevole, ma davvero piacevole, che fornisce alcuni interessanti spunti di riflessione sulla vita e sulle relazioni. Per i più curiosi, del romanzo esiste anche una versione manga, purtroppo inedita in Italia, come il film. Vi lascio alla scheda dell'editore.

"Trent'anni, un impiego da postino, giorni solitari e un gatto a cui badare. Quando scopre di avere una malattia incurabile e poche settimane da vivere, il protagonista indugia sulla lista delle dieci cose da fare prima della fine. Ma presto avrà ben altri pensieri, perché il Diavolo... gli ha proposto un affare! Ogni giorno cedere qualcosa del mondo in cambio di ventiquattro ore di vita in piú. Il ragazzo accetta. Rinunciare a telefoni, orologi o film? Ma certo, in fondo si può fare a meno di quasi tutto. Se non fosse che per ogni oggetto c'è un ricordo. E che ogni patto con il Diavolo implica un distacco doloroso e cambia il corso della vita del protagonista e dei suoi cari. È per questo che quando Belzebú reclama l'esistenza dei gatti, il ragazzo esita: ventiquattro ore valgono davvero la perdita dell'affetto di un micino e di tutto quello che rappresenta per lui?"

venerdì 17 maggio 2019

L'OLMO E ALTRI RACCONTI


L'olmo e altri racconti è una collezione di racconti sulle persone. I suoi autori, in campi differenti, hanno dedicato buona parte della propria esistenza a tratteggiare vividi ritratti di persone. Vere o immaginarie poco importa, certo realistiche e profonde, ricche di sfaccettature come ogni persona.
Ryuichiro Utsumi con i suoi libri della serie Gente, Jiro Taniguchi con decine di manga, hanno trasformato in personaggi di fantasia persone realmente conosciute, oppure hanno così bene descritto personaggi inventati da farli sembrare veri.
L'unione di questi due talenti della narrativa, scritta e disegnata, non poteva dare che ottimi frutti. I fumetti contenuti in questa raccolta non sono che un tassello della vasta produzione di entrambi, eppure un tassello di grandissimo valore. Per il lettore occidentale, inoltre, si tratterà di un affascinante viaggio all'interno della società e della mentalità nipponica, molto differente dalla propria. Tutti i personaggi descritti in questa raccolta sono infatti giapponesi e il loro modo di pensare, le loro abitudini, le rigide regole di vita verranno messe a nudo un dettaglio dopo l'altro.
L'importanza della famiglia nella struttura sociale, per esempio, emerge chiara in diversi racconti. L'educazione dei figli, l'ereditarietà del lavoro di famiglia, la responsabilità nei confronti degli anziani sono tutte questioni prese molto seriamente da ogni giapponese, ma proprio questa estrema rigidità nell'applicare le regole sociali tende talvolta a renderele delle prigioni in cui l'individuo inconsapevolmente costringe sé stesso e gli altri. Così, il rapporto genitori e figli tende a diventare freddo e impersonale, i vecchi si sentono un peso inutile, i giovani devono rinunciare agli ideali in favore della sicurezza economica. Le regole sociali tendono insomma a soffocare quelle stesse persone che dovrebbero proteggere, in una continua lotta che vede contrapporsi le esigenze dell'individuo a quelle della collettività. Per ora, nella società nipponica, ha sempre vinto la collettività, imprimendo non poche ferite all'individuo. A fronte di un Paese efficiente e ordinato, praticamente privo di delinquenza, vi è stata una consistente restrizione delle libertà personali. Un prezzo molto alto da pagare. In questo volume, scavando dentro la monolitica società giapponese, scendendo nel dettaglio, ci si imbatte nuovamente nelle persone e tramite loro, le loro vittorie e le loro delusioni, forse capiremo meglio gli altri e noi stessi.

Il volume in questione è il terzo nella collana attualmente venduta in abbinamento al quotidiano Gazzetta dello Sport.

sabato 11 maggio 2019

CRONACA DI UN CAMBIAMENTO


La casa editrice O Barra O Edizioni ha appena dato alle stampe il libro "In Giappone. Cronaca di un cambiamento". Nell'attesa di trovare il tempo per leggerlo, allego la scheda dell'editore.

"Nel 1922, Albert Londres, leggenda del giornalismo d'inchiesta, si imbarca per l'Asia come inviato del quotidiano francese «Excelsior» per realizzare il più ambizioso dei suoi reportage. Prima tappa, il Giappone. In una serie di articoli dallo stile funambolico, ironico e a tratti irriverente, il grande cronista ci trasporta nelle strade, tra i templi, i giardini, le case da tè di Tokyo e Kyoto e i brulicanti paesaggi industriali di Osaka, ci introduce alla mentalità e alle usanze giapponesi e ci fa respirare le tensioni che accompagnano i primi passi dell'Impero del Sol levante sulla scena politica internazionale. Le folgoranti osservazioni contenute in queste pagine descrivono lo smarrimento e la fascinazione provati di fronte a un mondo "lontano" e "indecifrabile" e colgono con acutezza i passaggi chiave di un paese "in ebollizione" che, sotto la spinta di profonde trasformazioni sociali ed economiche, sta ponendo le basi per la nascita del moderno Giappone. Prefazione di Corrado Molteni."

IL RAGAZZO NOSTALGICO


"Nostalgic Boy" è un illustration book di recente pubblicazione contenente unicamente illustrazioni del giovane artista noto come Noeyebrow (con questo nome lo trovate anche su twitter). Il titolo è esplicativo dei contenuti. Si tratta di immagini di ragazzini dal taglio nostalgico (anche se a volte alle prese con strani oggetti tecnologici), immersi in contesti ludici o bucolici. Quasi polaroid di un tempo che fu, quello dell'infanzia, immortalato con un senso di malinconia. Colpisce soprattutto il sapiente uso della luce, calda e rassicurante, in particolare nelle immagini estive. Anche se non si è giapponesi, è facile immedesimarsi col personaggio quando sfoglia una rivista manga davanti a un negozio che vende ghiaccioli e qualche gioco di altri tempi. È il fanciullo in noi che chiede di tornare a vivere. In Italia il volume può essere acquistato presso fioridiciliegioadriana@gmail.com.




martedì 7 maggio 2019

QUESTA È L'ITALIA


Keiko Ichiguchi oltre a essere una persona squisita è una brava mangaka e, soprattutto, è in bilico tra due culture, quella giapponese (la sua cultura originaria) e quella italiana (vive a Bologna da decenni). Quindi, il suo nuovo manga, nel quale fornisce una personale visione del nostro Paese, si preannuncia come particolarmente interessante. Il volume ("mamma, questa è l'Italia", 176 pp, 15 euro) è stato annunciato dal suo editore, Kappalab. Nell'attesa di poterlo leggere, vi giro il comunicato della casa editrice.

"Keiko arriva in Italia dal Giappone con una valigia e la voglia di ricominciare. Non conosce nessuno, ma col tempo trova amici e un compagno per la vita. Le uniche difficoltà? Adattarsi alle idiosincrasie del nostro Bel Paese.
Come conciliare gli usi e costumi nipponici con quelli nostrani? E, soprattutto, come rassicurare una mamma giapponese davvero preoccupata del fatto che si possa vivere bene anche in Italia... quando è faticoso capire perfino le sue tante contraddizioni? Una commedia autobiografica raccontata attraverso vignette che si leggono come un diario intimo e familiare.
Con gli occhi imparziali di uno straniero, ma con un amore incondizionato per la nostra terra, Keiko Ichiguchi ci aiuta a scoprire i nostri pregi e difetti, i tic, le ossessioni e le nostre manie più curiose o imbarazzanti... viste dall’esterno.
Dopo aver rivelato agli italiani le vere facce del Giappone, Keiko racconta alla mamma la sua imprevedibile vita in Italia, con l’occhio di una vera giapponese DOC che vive nel Bel Paese fin dagli Anni Novanta, sposata con un disegnatore di fumetti bolognese."

mercoledì 24 aprile 2019

KATSUYA TERADA REAL SIZE


Talvolta originalità ed ecletticità possono essere uno svantaggio. Alla fine, a imporsi presso il pubblico internazionale sono gli artisti dal disegno un po' “leccato” e dalle storie per tutti (soprattutto per ragazzi), piuttosto che narratori controcorrente dal tratto vigoroso e personale. Se, poi, gli artisti in questione amano anche passare da un media all'altro, ponendo la propria fantasia e la propria matita al servizio dei manga come degli anime, dei videogiochi come degli illustration book, delle cover di libri come dei poster per magazine, allora l'impresa si fa ancora più ardua. Per questo, un fantasista come Katsuya Terada è noto, ma non famosissimo, in Giappone e quasi sconosciuto in Occidente. Nato il 7 dicembre 1963 a Tamano City, nella prefettura di Okayama, si è trasferito a Tokyo a soli 18 anni, per frequentare l'Asagaya College of Art & Design. Dopodiché, a partire da metà anni Ottanta, ha cominciato a partorire un numero impressionante di immagini per gli scopi più disparati. L'abbondanza della sua produzione è venuta alla luce col volume Zenbu (“Tutto”), dedicatogli nel 1999 dalla casa editrice Kodansha. L'elegante libro, contenuto in una custodia di cartone, raccoglie circa 300 illustrazioni dell'autore, a colori e in bianco e nero: copertine di riviste, immagini per romanzi e videogame, studi di personaggi, poster. Si va dal character design per videogame alle illustrazione per le cover dei romanzi di Joe R. Lansdale, mentre i temi oscillano dalla fantasy classica alla fantascienza, dall'horror all'erotico. L'iperrealismo del tratto spesso si stempera nell'ironia delle situazioni, cosa che avviene frequentemente nelle immagini a sfondo sessuale, in cui prevale il tema classico delle lolite. Molte delle sue ragazze, poi, sono giovani, giocose, simpaticamente ammiccanti, ma sempre esplosivamente sexy. In molte illustrazioni è evidente l'ammirazione per disegnatori come Moebius, Bilal, Liberatore, ma il risultato finale è del tutto personale e nipponico.
Terada si è cimentato anche coi manga, pere esempio con Saiyukiden Daienou, edito nel 1998 dalla Shueisha. Si tratta dell'ennessima interpretazione della storia cinese dello Scimmiotto (la stessa di Dragonball, per intenderci), ma trattata da un punto di vista estremamente personale, innovativo e ricco di provocazioni (lo Scimmiotto cerca Budda per ucciderlo), grazie alle forti dosi di violenza e agli spunti sadomaso, ai colori forti e incisivi, alle diverse tecniche pittoriche utilizzate.
I manga in bianco e nero arrivano invece con le storie del ciclo Rakuda ga warau (“Il cammello che ride”), raccolte nel 2003 dalla casa editrice Wanimagazine sul quarto numero della rivista/libro WaniPix. Storie hard boiled che ricordano il primo Metal Hurlant, con un bianco e nero di chiara matrice europea che bandisce completamente i retini per belle pennellate e abili tratteggi. Il protagonista, spesso immerso in bagni di sesso e violenza, è uno yakuza omosessuale che ama le donne (!).
Un'altra prova delle formidabile spinta creativa di Terada è data da un altro volume di immagini, Terada Katsuya Rakugaking, edito nel 2002 dalla casa editrice Aspect. Questo parallelepipedo di carta è formato da mille pagine, contenenti ognuna almeno un disegno, anzi un rakuga, uno scarabocchio, uno schizzo, un disegno non utilizzato, un'illustrazione rimasta in un cassetto. Migliaia di immagini si susseguono quindi senza testo, spesso fortamente influenzate da Moebius, ma in alcuni disegni sembra emergere Munoz, mentre in altri schizzi pare addirittura di intravedere la ligne claire. Ma, infine, a prevalere è sempre lui, Katsuya Terada, il Rakugaking, col suo disegno ricchissimo di tratti, i suoi personaggi folli, le sue donne carnose, i demoni spaventosi. E così Katsuya Terada si conferma come uno degli artisti più prepotentemente visionari dell'attuale panorama nipponico, in grado di padroneggiare sia il colore che il bianco e nero, dotato di una forza interiore, violenta e irrefrenabile, che si ciba di tutto ciò che ha intorno per trasformarlo in nuovi immagini, nuovi sogni, nuovi incubi.
In Giappone è appena uscito un nuovo volume di illustrazioni dal titolo Katsuya Terada Real Side, ennesima dimostrazione del suo straordinario talento artistico. Il libro raccoglie solo le immagini realizzate da Terada nel corso di eventi durante i quali disegna in diretta. Che si tratti piccole immagini su un block notes o di enormi visioni disegnate direttamente su pareti, l’artista gli dà forma senza alcuno schizzo preparatorio, senza una bozza, un layout, quasi uscissero magicamente dalla testa e prendessero forma autonomamente. Immagini futuristiche, oniriche, affascinanti e inquietanti al medesimo tempo, nelle quali volti di bellissime fanciulle si fondono con corpi tentacolari, strumenti tecnologici, carne e metallo. Figure che non sembrano avere un principio e una fine, sufficienti a sé stesse, pronte a librarsi nel vuoto, come in assenza di gravità. Profeta di un futuro dove organico e inorganico non sono poi così distinti, Terada insiste nel rendere reale, o perlomeno credibile, l’irreale. “Visionario” continua a essere l’aggettivo più adatto per il suo lavoro. Il Real Size del titolo si riferisce al fatto che i disegni vengono proposti nel loro formato reale. Quando questo non è possibile (alcuni sono alti un paio di metri) vengono proposti per intero in scala 1:16 e “spezzati” in dettagli in scala 1:1.
In Italia il volume può essere acquistato da fioridiciliegioadriana@gmail.com.






martedì 23 aprile 2019

NON È TUTTO ORO…



Lo confesso, ho le mie colpe. Oltre 25 anni fa, quando ho cominciato a occuparmi professionalmente di Giappone (selezionando manga per l’Italia, scrivendo articoli e libri sul fumetto e sul Giappone, ecc.) ho contribuito alla diffusione della cultura pop giapponese nel nostro Paese, e alla visione affascinante dello stesso che col tempo si è imposta nel nostro immaginario. Non rinnego nulla e, ancora oggi, per il me il Giappone resta un’inesauribile fonte di meraviglie, soprattutto iconografiche. Tuttavia, non ho mai nascosto che non è tutto oro quello che luccica e che il Giappone, come ogni altra nazione al mondo, ha le sue zone grigie. Tanto per fare qualche esempio, una società troppo rigida, la scarsa considerazione del mondo animale (vedi caccia alle balene), una gestione eticamente debole della giustizia (come un utilizzo discutibile della pena di morte), ecc. ecc. Per questo provo un certo fastidio di fronte a quei libri che oggi lo dipingono come una sorta di eden, il luogo ideale dove tutto è perfetto. Si tratta di una visione superficiale, favolistica e commerciale di una società e di una cultura ben più complesse e non prive di elementi negativi. Per questo ho molto apprezzato il volume della collana Passenger dedicato al Giappone. Una raccolta di brevi saggi – interessanti, scorrevoli, ben scritti – che non teme di inoltrarsi in quelle zone grigie che i più preferiscono ignorare. Così Jake Adelstein ci racconta di una setta scintoista che vorrebbe riportare il Giappone ai tempi gloriosi del passato, con un esercito in grado di oltrepassare i propri confini e le donne relegate al loro ruolo di madri e casalinghe. Léna Mauger, invece, svela il fenomeno degli evaporati, i giapponesi che svaniscono letteralmente, lasciando la famiglia e facendo perdere ogni traccia di sé perché hanno perso il lavoro, sono pieni di debiti, si considerano un peso per gli altri (che in effetti fanno poco per ritrovarli). Splendido l’intervento di Brian Phillips, “Vivere da giapponesi”, che parte dal Sumo per comprendere meglio la società e intraprende un viaggio (anche nel tempo) che lo porta al suicidio dello scrittore Yukio Mishima e alle sue velleità di scuotere il Giappone con un parodistico e fallimentare colpo di stato. Insomma, una pletora di spunti, di informazioni, di approfondimenti, che tesse una fitta ragnatela certamente incompleta ma sicuramente più vasta e articolata di quanto fatto da molti altri volumi. Una nota positiva anche per la grafica, pulita, piacevole e ricca di fotografie. Se siete veramente interessati a conoscere il Giappone, e non solo le sue rappresentazioni folcloristiche e stravaganti, questo volume fa per voi.



LA SCHEDA
Titolo: Giappone
Collana: The Passenger
Editore: Iperborea
numero pagine: 192
Prezzo: 19,50 euro

lunedì 22 aprile 2019

TANIGUCHI IN EDICOLA


Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport hanno annunciato (prima uscita 27 aprile) una collana di volumi interamente dedicati al mangaka Jiro Taniguchi (1947 - 2017), autore che per la prima volta approda nelle nostre edicole dopo circa due decenni di presenza nelle librerie.
Ho incontrato per la prima volta Jiro Taniguchi nel 1996, se non sbaglio era novembre, nel corso del mio primo viaggio a Tokyo.
All'epoca, in Italia, nessuno sapeva niente di questo autore, anche se un suo volume (o meglio metà di esso) era già stato pubblicato, ma era passato del tutto inosservato. Si trattava di Hotel Harbour View. Io stesso non avevo un quadro completo delle sue opere e non era stato Hotel Harbour View a colpirmi, bensì un manga molto più "semplice" e intimista, dal titolo Aruko Hito ("L'uomo che cammina"), trovato presso lo stand della Kodansha a una Fiera del Libro di Bologna. Potete immaginare la perplessità della casa editrice Kodansha di fronte a una mia richiesta (all'epoca giornalista assolutamente sconosciuto a qualsiasi editore nipponico) di intervistare Taniguchi. Evidentemente la curiosità e la passione che mi avevano spinto fino a quel lontano Paese (accompagnate da una certa sfrontatezza) devono aver colpito gli affabili redattori del settimanale Morning, che in pochi giorni organizzarono un incontro con l'autore. In una rumorosa caffetteria di Tokyo mi ritrovai quindi faccia a faccia con questo signore di cinquant'anni (era nato il 14 agosto 1947), di piccola statura, con un bel paio di baffi e dei capelli insolitamente lunghi per un giapponese. Ricordo ancora che mi fece l'impressione di un tranquillo signore inglese. Taniguchi inconsapevolmente mi fece un gran regalo, estrasse da una grande cartella che aveva con sé due enormi tavole ancora a matita: erano le prime pagine (con una spettacolare veduta di Tokyo dall'alto) della storia che stava disegnando su testi di Moebius: Icar. Io ero la prima persona al mondo a vedere quelle tavole, che non erano ancora state visionate nemmeno da Moebius e dalla redazione di Morning. Un primo incontro fruttuosissimo in cui tra l'altro Taniguchi confermò la sua passione per alcuni autori europei, «mi piacciono i fumetti di Attilio Micheluzzi, amo il disegno di Vittorio Giardino, conosco i lavori di Silvio Cadelo…», affermò col suo consueto fare tranquillo.
Di acqua ne è passata sotto i ponti e oggi, per quanto poco noto al grande pubblico, Taniguchi è molto apprezzato dagli appassionati di fumetti, anche italiani, dopo, inutile nasconderlo, una forte difficoltà iniziale incontrata per farlo apprezzare e pubblicare dagli editori nostrani. Ricordo la sua felicità quando un suo volume, proprio L’uomo che cammina, venne inserito nella collana di fumetti edita come allegato da La Repubblica (la prima collana di questo genere, che ha aperto la strada a tutte le altre). Lui, unico autore giapponese, si trovava in mezzo ai più grandi artisti di tutto il mondo. Ecco, mi spiace solo questo, che non possa vedere questa collana a lui interamente dedicata, dimostrazione che quel precedente con La Repubblica non fu solo un caso e che rientra a pieno merito tra quei grandi che tanto stimava. Ciao, Jiro, ci vediamo nei tuoi fumetti.

venerdì 22 marzo 2019

FANTASCIENTIFICHE FANCIULLE


A dire il vero so poco o nulla di questo garekinosima (pseudonimo?), un artista giapponese (lo trovate su twitter proprio come @garekinosima) che si diletta nella realizzazione di garage kit, modellini autoprodotti, e dojinshi, le fantine giapponesi. Certo è che risulta dotato di un tratto morbido e piacevole, ispirato agli anime, i cartoni animati giapponesi. Inoltre, ama reinterpretare personaggi e serie di Leiji Matsumoto (Capitan Harlock, Emeraldas, ecc.) e in particolare la caratteristica tecnologia fantascientifica del maestro giapponese, come i particolari schermi circolari e le armi laser dalle lunghe canne e dal sofisticato design. Infine, garekinosima ha una predilezione per i personaggi femminili, protagonisti quasi assoluti delle sue coloratissime illustrazioni fantascientifiche. In particolare la fanciulla Light Speed Esper's Girl. le cui immagini sono reperibili in rete, o in albi di poche pagine che l'autore si stampa da solo sotto forma di fotocopie: una scelta vintage che ben si sposa con la sua fantascienza anni Settanta. In Italia le dojinshi possono essere richieste a fioridiciliegioadriana@gmail.com.



domenica 10 marzo 2019

NUOVA EDIZIONE PER DANGUARD A


Il manga Danguard Ace (惑星 ロ ボ ボ ン ー ー ド ド A) di Leiji Matsumoto (松本 零 士) verrà a breve ristampato in una lussuosa edizione a opera dell'editore Fukkan. Consisterà in due volumi in formato B5 pubblicati a maggio e giugno 2019.
Tale edizione, oltre al manga di Matsumoto, ospitato con le sue pagine di apertura a colori, conterrà anche un manga di 50 pagine disegnato da Yū Okazaki (岡 崎 優) e un altro di Yoshihiro Moritō (森 藤 よ し ひ ろ). Il tutto sarà accompagnato da molte illustrazioni e materiali extra.
Il manga di Danguard A nasce nel 1977. Nella seconda metà degli anni Settanta, i robot giganti spopolano sulle televisioni giapponesi. Merito soprattutto di Go Nagai che, con Mazinger Z nel 1972 e molti altri robot successivi, crea un vero e proprio filone. La principale casa produttrice di questi anime è la Toei con cui però, dopo anni di collaborazione, Nagai ha un diverbio che lo spinge ad allontanarsi. La Toei corre ai ripari cercando di reclutare altri nomi famosi, e fra questi vi è Leiji Matsumoto, spinto proprio a creare una nuova serie robotica. Famoso per opere fantascientifiche, Matsumoto non ama quelle dedicate ai robot giganti, probabilmente è proprio per questo motivo che la sua Wakusei Robot Danguard Ace (Danguard Ace, il robot planetario, 1977, 56 episodi) si dimostra decisamente innovativa. Innanzitutto Matsumoto scardina la struttura tradizionale delle puntate che impone che ogni episodio ruoti attorno all'immancabile scontro tra robot giganti. Il protagonista Takuma Ichimonji deve sì combattere contro forze ostili, ma per farlo deve prima addestrarsi alla guida del robot gigante Danguard A. Buona parte della serie ruota quindi attorno al suo duro addestramento e al rapporto col suo severissimo istruttore, il capitano Dan dal volto coperto da una maschera di ferro.
Le prime puntate della serie sono quindi un succedersi di addestramenti di volo (affascinanti i voli sui caccia), che si alternano ai primi scontri col nemico. Matsumoto infonde una particolare atmosfera malinconica alla serie (indimenticabili le sequenze in cui il cattivo suona la quinta sinfonia di Beethoven su un organo a canne), mentre al character design Shingo Araki dimostra tutto il suo valore e mette la propria firma sul protagonista dotandolo di enorme capigliatura al vento e occhi grandi e allungati. La seconda innovazione è data dal robot stesso, Danguard è infatti trasformabile in un enorme caccia. Matsumoto sostituisce la combinabilità dei robot di Nagai con la trasformabilità. Takuma guida un piccolo caccia che non è altro che il casco di Danguard, che andando a incastrarsi sulla testa di quest'ultimo ne diventa la cabina di guida. Danguard, ruotando alcune parti del corpo e piegando braccia e gambe, si trasforma in astronave meravigliando il pubblico e facendo la felicità dei produttori di giocattoli, che hanno un nuovo "gioiellino" da immettere sul mercato. Come consuetudine per quei tempi Matsumoto realizza contemporaneamente il manga e, libero dai vincoli Toei, può concentrasri maggiormente sui personaggi, calcando maggiormente su quelle atmosfere romantiche e malinconiche che lo caratterizzano. Purtroppo la serie dura solo due volumi, ma abbastanza per entusiasmare i fan del maestro.

domenica 24 febbraio 2019

DIARIO DI UNA SCOMPARSA


Finalmente un editore italiano si decide a pubblicare questo manga di Hideo Azuma, appena annunciato da J-Pop.
Chi ritiene che la vita dell’autore di fumetti sia tutta rose e fiori dovrebbe studiarsi con attenzione proprio quella di Hideo Azuma, artista abbastanza noto anche nel nostro Paese, la cui vita e la cui carriera professionale sono costellate di crisi dovute a super lavoro e a eccesso di stress. Ma partiamo dal principio. Hiroshi Azuna nasce il 6 febbraio del 1950, sulla fredda isola di Hokkaido, e debutta nel mondo dei manga nel 1969, a soli diciannove anni. Sin dall’inizi si dimostra un mangaka versatile, spaziando tra i generi più vari, dalla fantascienza, all'azione, all'erotico. Pubblica su varie riviste, ma soprattutto su Shonen Champion e su Princess, la prima diretta a un pubblico maschile, shonen, la seconda a un pubblico femminile, shojo.
Nel 1979 crea Shiberu, considerato il primo lolicon manga, ovvero un fumetto aventi quali protagonista ragazzine dalla forte attrattiva erotica, che si rifanno alla Lolita del romanziere Vladimir Nabokov. Per questo motivo si guadagna il titolo di “padre dei lolicon”. I suoi manga più celebri, che lo rendono noto in Occidente, restano però quelli umoristici. In particolare la serie in due volumi del 1979 Olympos no Polon (“Polon dell'Olimpo”), parodia degli dei greci e dei loro vizi, ance se lo stesso Azuna confessa di essersi scarsamente documentato sull’argomento: “odio dover cercare il materiale per disegnare i miei fumetti. Anche per questa serie ho consultato solo un libro, e neanche l’ho letto tutto. Ho letto solo le storie che mi interessavano di più per prendere degli spunti. Se avessi usato in maniera più ortodossa i racconti antichi, forse nessuno avrebbe comparto il mio fumetto.” Il manga viene trasformato in serie televisiva nel 1982 nota in Italia come C’era una volta Pollon. Motore delle vicende è la protagonista, Pollon, ragazzina graziosa e dalla bionda chioma adornata di alloro, vivacissima figlia del dio Apollo, con cui vive nell'Olimpo, la casa di tutte le divinità. Ama cantare e talvolta cerca di intrattenere tutti i suoi amici obbligandoli ad ascoltarla, nonostante sia incredibilmente stonata. È grande amica di Eros, dio dell'amore, anche se il loro rapporto è molto conflittuale, soprattutto a causa di Pollon che lo prende continuamente in giro per il suo aspetto. Il sogno della piccola Pollon è diventare una dea a tutti gli effetti, perciò tormenta ogni divinità dell'Olimpo perché esaudisca il suo desiderio.
Altra serie molto popolare, sia sotto forma di manga sia come anime, è Nanako S.O.S., da noi conosciuta come Nanà Supergirl.
A questo punto la vita di Azuma potrebbe sembrare un’esistenza costellata di successi e felicità, in realtà l’iperlavoro lo trascina più volte in una spirale di stress impossibile da reggere. Nel 1989 diviene un barbone, nel 1992 svolge l’attività di operaio, nel 1998 è preda dell’alcolismo. Ogni volta, faticosamente e con l’aiuto della famiglia, riesce a superare i momenti difficili e a tornare ai manga, ma a costo di grandi sacrifici. Tutto ciò è narrato, con garbato umorismo, in quella che è probabilmente la sua opera più importante, Shisso Nikki (“Diario di una Scomparsa”) che vince il Gran Premio del 2005 al Japan Media Arts Festival nella sezione Manga. Senza remore e senza imbarazzo, Azuma, col suo tratto semplice e pulito, vi narra le difficoltà e gli angoli oscuri di una professione troppo spesso mitizzata.

Per tutte le immagini ©Hideo Azuma



mercoledì 6 febbraio 2019

MADE IN JAPAN


Dare vita a un'antologia a fumetti è impresa più complessa di quanto non sembri. È necessario trovare un solido filo conduttore, amalgamarvi attorno un gruppo di autori molto differenti tra loro per stile ma equilibrati nel complesso, realizzare storie brevi senza essere banali e soprattutto senza cedere alla tentazione di renderle solamente uno spettacolo visivo. Made in Japan riesce a far convivere ognuno di questi tasselli in un puzzle perfettamente riuscito. Sedici autori, otto francesi e otto giapponesi, recatisi in differenti località dell'arcipelago nipponico debbono fissare sulla carta emozioni, dettagli, impressioni su ciò che sta intorno a loro. Lo fanno molto bene, in piena libertà, ognuno con una sensibilità, una narrazione, un disegno personalissimi. Mentre quelli nipponici appaiono più legati alla tradizione, al Giappone classico con i suoi dettagli affascinati e le sue leggende misteriose, gli occidentali paiono incantati e frastornati dalla sua modernità e dalla differente mentalità locale. Il risultato finale, che si legge avidamente, è un caleidoscopio di immagini e imput che provoca un irrefrenabile desiderio di prendere il primo aereo diretto in Giappone, per vivere di persona quanto assaporato attraverso il filtro creativo degli artisti. Il volume è uscito diversi anni fa (nel 2007), ma se riuscite a trovarlo in qualche libreria, o sulle bancarelle dell'usato, non fatevelo sfuggire..

AA.VV., Made in Japan, Coconino, 16,00 EURO