Immaginate di essere giapponesi. Appena comincerete a frequentare le scuole elementari, o addirittura l'asilo, vi verrà data da indossare una divisa scolastica, uguale per tutti gli alunni dell'istituto che frequenterete. Quando passerete alle scuole medie, ve ne verrà data un'altra, e via di seguito. Il più delle volte si tratterà di pantaloni scuri e camicia chiara per i ragazzi (con aggiunta di giacca per le scuole superiori), di gonna corta e camicetta per le ragazze. Una volta finita la scuola ed entrati nel mondo del lavoro, apparentemente non dovrete più indossare una divisa, solo apparentemente… Infatti ogni impiegato maschio che si rispetti deve portare abito con giacca e cravatta e rigorosa camicia bianca. Un abbigliamento di fatto uguale per tutti, proprio come una divisa, magari con la sola concessione una cravatta un po' più colorata. Le donne potrebbero essere un po' più fortunate, concedendosi qualche completo più casual, ma sempre entro i rigidi standard di gusto e bon ton nipponici. In altre parole, soprattutto per i giovani, l'abbigliamento assume per buona parte della vita i rigidi contorni di una “prigione" fisica e psicologica a cui è impossibile sottrarsi: lo studente che non indossa la divisa viene espulso, l'impiegato senza giacca e cravatta difficilmente fa carriera. È uno dei tanti sintomi della rigidità dell'ordinata società nipponica, che tende a omologare anche nel vestire. Tenere a freno i giovani, però, non è cosa facile, e se l'azienda e la scuola li obbligano con regolamenti scritti o taciti a determinate convenzioni, al di fuori di questi ambienti in molti cercano di prendersi una rivincita, di rivendicare un'individualità altrove negata. Sono soprattutto le ragazze a gridare, con gli abiti più che con le parole, questa voglia di libertà. A Shibuya (zona molto frequentata dai giovani) e ad Harajuku (considerato il quartiere della moda) passeggiano con grande frequenza giovani disinibite che spesso sfoggiano zeppe altissime e gonne cortissime. Appariscenti, camminano veloci, e sono costrette a coprirsi i glutei con la borsetta quando salgono le scale, per evitare che le striminzite gonne ne mettano in mostra la biancheria intima. Ma è a Omote-Sando che si ritrovano i tipi più stravaganti di Tokyo, e lo fanno generalmente il sabato e la domenica, quando sono più liberi dagli stressanti impegni quotidiani (lavorativi o di studio che siano) e dalle loro asfissianti regole. Magari si sono preparati tutta settimana, hanno "costruito" con cura meticolosa il loro abito "assemblando" pantaloni e maglietta, gonna e t-shirt, borsa e accessori vari. Già, perché ora sono privi di ogni vincolo, ogni convenzione può saltare e l'unico limite è rappresentato dai confini della propria fantasia. Ecco quindi ragazze con pantaloni rosa e maglietta verde, ragazzi con abiti tre taglie più grandi del necessario, o in accecanti completi bianchi. Ogni regola è abolita: le scarpe possono essere di colore diverso, i colori contrastarsi in modo stridente. Maschile e femminile possono confondersi, così le ragazze utilizzano accessori da uomo, mentre i ragazzi indossano gonne o scialle che sembrano usciti dalla cassettiera della nonna. È soprattutto il colore che abbaglia e stupisce. Colore, colore, colore. Colore ovunque, meglio se appariscente, fluorescente, chiassoso, kitsch. E in questo vengono in aiuto gli accessori, che sembrano il frutto della creatività di uno scienziato pazzo, in bilico tra il mecha designer di anime e lo stilista della pop art warholiana. Pistole ad acqua, siringhe, bracciali, fil di ferro, scatole, tutto si fonde dando vita a oggetti polimaterici, dall'uso imprecisato ma di grande fashion. È soprattutto l'estetica del kawaii – carino! carinissimooo!! esclamano le teenager entusiaste – che imperversa, da Hello Kitty a Dick Bruna. E sono soprattutto le materie plastiche e le trasparenze, ma sempre colorate, le preferite. Ecco quindi ombrelli di plastica, borse di plastica, pupazzetti di plastica, orologi di plastica. Anche gli oggetti di uso quotidiano, e soprattutto l'indispensabile cellulare, a cui vengono aggiunti adesivi, pupazzini, laccetti vari. È il trionfo dell'improvvisazione che si trasforma in moda, in scienza. Ogni tanto, però, bisogna cercare di mettere ordine nel caos (o nella creatività più sfrenata). Ci prova Miyama Ayumi, nel libro Fashion Girls (dell’editore Kadokawa), che fornisce consigli – tutti visivi – per un abbigliamento sì originale ma pur sempre all’interno di canoni di eleganza giovanile, che non faccia strabuzzare gli occhi ai passanti per eccesso di stravaganza. Centinaia di suggerimenti disegnati che spaziano dal tradizionale kimono al moderno occidentale. Piacevole da sfogliare e utile per trovare suggerimenti.
In Italia il volume può essere richiesto a fioridiciliegioadriana@gmail.com
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